Poiché è difficile restare in piedi
in questo tempo che sfilaccia
allora ti reggi al canto che porta
lontano e ti permette di sentirti
farti portare via e ricomporre
la cenere dei libri bruciati ricucendo
la lingua come si fa coi lembi
affezionati poiché è terribile
ogni strappo ogni vessillo
insanguinato vessato senza più voce.
m.m.
VI
Mi hanno servito carne digerita.
Nel timballo l’hanno chiamata patria.
Undici settembre
Acquerello di Klee, tu guardi ancora.
Su ricorrenze amplificate taci.
Dipani la matassa dell’oblio.
Arrotolato e stretto, unico sei
rimasto folle antidoto alla fuga,
azzardo e rischio sul confine ispano.
A quale dei Santiago ti rivolgi?
Sguardo sollevi e immemori soccorri
al manifesto undici settembre.
Sosta
E potrei perdermi, se vuoi,
nel verdeoro di un autunno affamato.
Già la sanguigna disegna i bordi
saturi di attesa.
Strizza, l’occhio sorpreso.
Sfonda la calza
l’alluce impaziente.
Nel tascapane ho il filo del rammendo.
Mi rammento di te,
voce vecchia e suadente,
e non ti seguo.
Scende la brina dell’inadeguatezza.
Incurante, se la ride la guazza.
Su una improvvisazione di Jaco Pastorius
Sovverte, nonchalante,
la cascata di note.
Sorprende a grappoli
e sprigiona il ricordo.
Pare facile, dici,
dispensare bellezza
da una corda di basso
Ma il drappeggio è salato.
Alle stelle si urla il prezzo:
di armonie irridenti
è mercato nero.
19 luglio 1943
Sotto la rete vedo i calcinacci
e nonno che ci guarda preoccupato.
Mi stringo a mia sorella che ha due anni.
Fa caldo, è luglio e sono a San Lorenzo.
Un grazie di cuore a Maurizio Manzo per la sua ospitalità, per la scelta dei testi da “Nuove nomenclature e altre poesie” e per i suoi versi che raccontano in maniera molto sentita ed efficace la sua lettura.
Grazie a te, Anna Maria, di questo bel dono, questa poesia che non lascia indietro nessuno!